Non si può sottovalutare l’intervista che Renato Brunetta ha rilasciato oggi a un importante quotidiano, ergendosi - e per intelligenza e cultura può farlo - a costruttore e custode della ‘weltanshauung’ politica del governo Draghi. Non amo i vocaboli stranieri, ma non esiste in italiano una parola che traduca questo termine tedesco,che indica una ‘visione sistemica della vita e del mondo’, più di una ideologia e di una identità politica. Oggi Brunetta dà al draghismo una ‘weltanshauung’ , o - se vogliamo tenerci bassi - una missione: quella di unire i riformismi in un metodo di governo nuovo che egli definisce ‘germinativo’, ossia capace di replicarsi in governi futuri fondati sulla unitá dei riformismi.
Il ministro elenca i riformismi in campo: Forza Italia, movimento che Berlusconi allestì come un ombrello sotto cui riparare i cattolici democratici non di sinistra e i socialisti dalla furia della macchina da guerra di Occhetto; poi viene il Pd, che pure i riformismi ha provato a unire, partendo da sinistra invece che da destra; Brunetta include la Lega, nella declinazione di Giorgetti piuttosto che di Salvini,ma senza escludere che esse coincidano. Il ministro forzista descrive lucidamente una possibilità della politica italiana: il governo Draghi completa onorevolmente la sua opera, le forze politiche della maggioranza si fanno contaminare dal metodo di governo ‘germinativo’ dei riformismi, e dopo le elezioni del 2023 continueranno a governare con Mario Draghi praticamente per tutto il secondo settennato di Mattarella. Il corollario di questo disegno è una legge elettorale proporzionale: senza di essa, appare difficile che i riformismi germinati da Draghi sopravvivano a una campagna elettorale ancora all’insegna del maggioritario e dello scontro tra i poli.
Va pure detto che l’attuale legge elettorale fu concepita per non determinare una coalizione vincente, e dunque potrebbe supportare il disegno di Brunetta al pari di una legge elettorale proporzionale : con la ‘legge Rosato’ una coalizione che volesse la maggioranza in tutte e due le Camere dovrebbe conquistare il 51% nel proporzionale e il 66% dei collegi uninominali,praticamente impossibile. Di Brunetta ho sempre apprezzato l’onestà intellettuale: lui ci mette la faccia, dice quello che gli altri pensano. Non c’è dubbio sul fatto che molti pensino a stabilizzare l’emergenza politica di questa maggioranza. Ne è un sintomo l’attivismo mediatico dell’intelligente Bettini, lesto ad aprire alla Lega, quasi tornata ad essere la ‘costola della sinistra’ di dalemiana memoria.
Niente di nuovo sotto il sole: è la storica filosofia comunista del compromesso storico, per la quale la sinistra non può conquistare il potere da sola, ma sempre in accordo con l’avversario di ieri, che diventa l’alleato di domani. C’è un filo rosso che collega il compromesso storico del PCI con la Dc, l’Ulivo della seconda repubblica, il patto Nazareno del Pd con Berlusconi, l’odierno apertura alla Lega: la consapevolezza della sinistra di essere minoranza nel Paese,e di qui la necessità della alleanza più vasta per condividere la partecipazione al potere. Ecco perché l’intervista odierna di Brunetta è lo snodo della legislatura: il ministro disegna uno scenario che archivia il bipolarismo e le attuali coalizioni, a favore di una solidarietà nazionale che egli trasforma in una ben precisa formula politica battezzata ‘unita dei riformismi’. Se questa è la rotta, perché mai la Meloni dovrebbe tenere in vita questo simulacro di centrodestra? E perché mai il movimento Cinquestelle dovrebbe reggere un gioco da cui presto o prima verrebbe escluso?
Fonte: Huffingthonpost.it
Il ministro elenca i riformismi in campo: Forza Italia, movimento che Berlusconi allestì come un ombrello sotto cui riparare i cattolici democratici non di sinistra e i socialisti dalla furia della macchina da guerra di Occhetto; poi viene il Pd, che pure i riformismi ha provato a unire, partendo da sinistra invece che da destra; Brunetta include la Lega, nella declinazione di Giorgetti piuttosto che di Salvini,ma senza escludere che esse coincidano. Il ministro forzista descrive lucidamente una possibilità della politica italiana: il governo Draghi completa onorevolmente la sua opera, le forze politiche della maggioranza si fanno contaminare dal metodo di governo ‘germinativo’ dei riformismi, e dopo le elezioni del 2023 continueranno a governare con Mario Draghi praticamente per tutto il secondo settennato di Mattarella. Il corollario di questo disegno è una legge elettorale proporzionale: senza di essa, appare difficile che i riformismi germinati da Draghi sopravvivano a una campagna elettorale ancora all’insegna del maggioritario e dello scontro tra i poli.
Va pure detto che l’attuale legge elettorale fu concepita per non determinare una coalizione vincente, e dunque potrebbe supportare il disegno di Brunetta al pari di una legge elettorale proporzionale : con la ‘legge Rosato’ una coalizione che volesse la maggioranza in tutte e due le Camere dovrebbe conquistare il 51% nel proporzionale e il 66% dei collegi uninominali,praticamente impossibile. Di Brunetta ho sempre apprezzato l’onestà intellettuale: lui ci mette la faccia, dice quello che gli altri pensano. Non c’è dubbio sul fatto che molti pensino a stabilizzare l’emergenza politica di questa maggioranza. Ne è un sintomo l’attivismo mediatico dell’intelligente Bettini, lesto ad aprire alla Lega, quasi tornata ad essere la ‘costola della sinistra’ di dalemiana memoria.
Niente di nuovo sotto il sole: è la storica filosofia comunista del compromesso storico, per la quale la sinistra non può conquistare il potere da sola, ma sempre in accordo con l’avversario di ieri, che diventa l’alleato di domani. C’è un filo rosso che collega il compromesso storico del PCI con la Dc, l’Ulivo della seconda repubblica, il patto Nazareno del Pd con Berlusconi, l’odierno apertura alla Lega: la consapevolezza della sinistra di essere minoranza nel Paese,e di qui la necessità della alleanza più vasta per condividere la partecipazione al potere. Ecco perché l’intervista odierna di Brunetta è lo snodo della legislatura: il ministro disegna uno scenario che archivia il bipolarismo e le attuali coalizioni, a favore di una solidarietà nazionale che egli trasforma in una ben precisa formula politica battezzata ‘unita dei riformismi’. Se questa è la rotta, perché mai la Meloni dovrebbe tenere in vita questo simulacro di centrodestra? E perché mai il movimento Cinquestelle dovrebbe reggere un gioco da cui presto o prima verrebbe escluso?
Fonte: Huffingthonpost.it