Alla vigilia del 98° compleanno scomparso il decano dei giornalisti parlamentari: divenne famoso per i suoi retroscena (più o meno autorizzati) dalla pancia del primo partito della sinistra italiana.
Quasi fino all’ultimo ogni tanto ancora passava nel suo regno, la sala stampa di Montecitorio di cui era padre indiscusso e icona per tutti.
Non ce l’ha fatta a lasciarsi dietro le spalle un secolo, Pasquale Laurito, giornalista parlamentare conosciuto come la Velina Rossa, per quel suo foglietto di retroscena e vera interpretazione delle vicende di quello che fu il partito comunista italiano.
Pasqualino, come lo chiamavano gli amici perché era minuto e si faceva amare da tutti, se ne è andato nella notte fra giovedì e venerdì e ancora non aveva 98 anni, che avrebbe compiuto il prossimo 15 maggio.
La Velina Rossa suggerita da Tonino Tatò, portavoce di Berlinguer
Nato a Lungro, provincia di Cosenza, Laurito si era iscritto al partito comunista che non aveva ancora 18 anni e nelle sue prime battaglie per le condizioni di lavoro degli operai delle miniere di salgemma scoprì la vocazione al giornalismo, scrivendone le rivendicazioni su un foglietto che si chiamava La riscossa.
Fu grazie a un’altra testata politico-sindacale, La democrazia del lavoro, che arrivò a Roma nel 1947 a seguire i lavori della Costituente, incantato dal leader del Pci Palmiro Togliatti e poi dalla sua compagna Nilde Iotti.
Pasqualino avrebbe poi scritto per il Globo e per Paese Sera, ma il lavoro della sua vita fu all’Ansa, che seppe chiudere un occhio sul suo secondo mestiere, quello che sfornava la «Velina Rossa» per i principali quotidiani italiani.
Iniziò a compilare quella velina nel 1978 su suggerimento di Tonino Tatò, il portavoce di Enrico Berlinguer (altra passione assoluta di Pasqualino) anche per contrapporla alla velina bianca sulla Dc che ogni giorno sfornava il giornalista del Tg1, Vittorio Orefice.
I retroscena dalla pancia del primo partito della sinistra italiana
Pasqualino, che ha insegnato il mestiere, raccontato segreti e perfino maldicenze a generazioni di cronisti parlamentari (fra cui anche chi scrive), arrivava prestissimo il mattino in Parlamento sedendosi su qualche divanetto su cui raccogliere le confidenze di qualche parlamentare.
Appuntava tutto con la penna a biro su un taccuino e dopo avere raccolto le sue «chicche» chiedeva una mano a qualche giovane «scrivano» che batteva a macchina la velina dettata da Laurito.
La mandava ai giornali che la chiedevano e poi ne faceva il promoter nei corridoi di Montecitorio perché ogni volta che raccoglieva una notizia non riusciva mai a tenerla segreta. E nel racconto la infiorettava ancora di più con l’entusiasmo di un bambino anche dopo decenni di mestiere.
Comunista tutta la vita, ma non gli andavano giù Napolitano, Veltroni e Renzi
Comunista fino all’ultimo, aveva vissuto con sofferenza le varie trasformazioni del Pci, che con Achille Occhetto divenne Pds, con Massimo D’Alema si trasformò in Ds e infine con Walter Veltroni è diventato quel Pd che oggi è il principale partito del centrosinistra italiano.
Pasqualino non aveva grande simpatia per chi dentro il suo partito fece opposizione all’amato Berlinguer.
E fra questi il suo bersaglio principale fu Giorgio Napolitano.
Si innamorò però di D’Alema (e quindi fu ferocemente contro Veltroni), passione che fu scossa non poco quando lo vide all’inizio avere qualche simpatia per Matteo Renzi.
Il leader che portò il Pd oltre il 40% non è mai stato digerito da Velina Rossa, che con sprezzo lo chiamava «il taverniere di Firenze».
Se la passione non c’era più, però, Pasqualino turandosi il naso ha sempre votato gli eredi del partito comunista.
Sopportando tutto, ma non la scelta di Pierluigi Bersani di appoggiare il governo di Mario Monti nel 2011.
Da quel giorno decise di tenere nel cassetto anche la sua tessera elettorale.
L’anima di don Camillo e la fede di Peppone che convivevano in lui
In Laurito grazie alle radici calabre e all’eparchia ortodossa di rito cattolico convivevano Peppone e don Camillo, con una religiosità che riusciva a non fare a pugni con l’altra fede rossa che mai l’ha abbandonato.
Così l’ultimo saluto alla Velina è nella chiesa di Santa Emerenziana di Roma, con un funerale cattolico fissato per sabato 8 marzo alle ore 15.
L’Associazione stampa parlamentare di cui era naturalmente il decano in un commiato ufficiale ha espresso gratitudine «a Pasquale per il suo esempio, impegnandosi a preservare il suo ricordo e i suoi insegnamenti, e a tramandarli alle future generazioni di cronisti parlamentari».
Articolo a firma di Franco Bechis
Fonte: Open.it