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Si è risentito dopo molto tempo il senatur, Umberto Bossi, che ha attaccato piuttosto esplicitamente il segretario Matteo Salvini, suo erede alla guida della “nuova Lega”.

 

La descrive come la “copia meno fortunata di Fratelli d’Italia” e lo fa in una intervista al Corriere della Sera raccontando di una riunione carbonara con una trentina di persone in cui si è fatto il punto della situazione.

Bossi, che definì la Lega “una costola della sinistra”, arriva subito al punto: “Ha fatto diventare la Lega un partito di estrema destra, proprio mentre al governo c’è Giorgia Meloni che ha il simbolo della Fiamma. Ma tra la copia e l’originale, chi vuoi che voti la gente?".

I rapporti col vicepremier non paiono buoni perché, come dice uno dei presenti dell’incontro: “Salvini non gli risponde al telefono” e che ancora vede il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il presidente della Lombardia Attilio Fontana.

Il luogo della riunione è un posto storico, Gemonio, dove “tutto ebbe inizio”.

Il vecchio leader non ha fatto solo una rimpatriata ma punta a fare una associazione politica in vista delle Europee, qualcosa che aveva tentato pure cinque anni fa, nella scorsa tornata elettorale.

Una sorta di istinto naturale alla coazione. Bossi contesta a Salvini la “Lega nazionale” cioè quel progetto che ha portato il movimento politico del nord a diventare appunto un partito adulto, radicato sul territorio e non più marginalmente relegato in una ridotta regionale, pur non dimenticando le tematiche tradizionali come la riforma dell’autonomia differenziata sta dimostrando.

In realtà Salvini, dal punto di vista strettamente politico, è riuscito in un'impresa difficilissima: sostituire il padre fondatore e portare la Lega, al di là delle denominazioni, ad essere per un certo tempo addirittura il primo partito nazionale, dopo aver toccato anche il minimo.

E lo ha fatto nell’unico modo possibile e cioè andando a riempire gli spazi a destra, quelli lasciati dalla fine di Alleanza nazionale di Gianfranco Fini.

Anzi, ha fatto ancor di più recuperando la “destra destra”, quella i cui militanti si erano sentiti traditi dal nuovo corso finiano atlantista che sembrava la Democrazia cristiana.

E poi l’accusa di non essere riuscito a governare la clamorosa vittoria delle scorse Europee: “Avevi stravinto. A Strasburgo avevi un gruppo parlamentare che era secondo forse solo al Ppe.

Avevi la rappresentanza di tutto il Nord imprenditoriale. E cosa hai fatto? Hai portato la Lega all’opposizione.

Il riferimento è quello alla caduta del governo giallo – verde del Conte I.  Ma così non conti niente. Nel 1989 accettammo di far gruppo con degli scappati di casa pur di contare qualcosa”.

Tuttavia Bossi pensa soprattutto al presente e quel richiamo all’ “originale” rappresentato dalla Meloni è il punto fondamentale.

Per il vecchio senatore l’errore è stato quello di non sostituire Forza Italia dopo la scomparsa di Berlusconi: "C’era uno spazio politico rimasto vuoto e doveva riempirlo lui. Invece l’ha lasciato libero".

Ma questo sarebbe stato un errore esiziale e infatti qui Bossi perde di lucidità. Una Lega moderata, una Lega democristiana, una Lega di sinistra, non avrebbe e non ha alcun futuro politico sui tempi lunghi ma anche tatticamente una Lega saldamente a destra è l’unico spazio percorribile quando Fratelli d’Italia ha dovuto virare al centro per tenere buoni i “poteri atlantici” rappresentati dalla Ue e dagli Usa a trazione democratica seppur confusa, come quella di Joe Biden.

L’unica possibilità era ed è lo spostamento a destra per intercettare gli elettori orfani della Meloni che non hanno più rappresentanza politica e non certo una competizione con Forza Italia in un centro affollato e soprattutto occupato.

Pare che la riunione di Gemonio si sia conclusa però con un prudente: “... E niente strappi. Bisogna stare uniti attorno alla Lega per prepararsi al dopo".

 
Articolo di Giuseppe Vatinno
 
Fonte: affaritalini.it
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