Il monologo che lo scrittore, premio Strega, Antonio Scurati avrebbe dovuto recitare sulla RAI (servizio pubblico) sarebbe durato un minuto circa per un costo di ben 1.800 euro, cioè lo stipendio medio mensile di un impiegato di concetto o di un operaio specializzato.
Qualcuno ha pensato che fosse inopportuno, così l'ha letto la conduttrice del programma, nell'esercizio del suo lavoro e del relativo stipendio previsto dal suo contratto.
Ciò che, però, a me e credo anche ad altri italiani, intellettualmente onesti e disinteressati appassionati di storia, ha dato maggiormente fastidio è stato sentir dare come verità assoluta, edulcorata di retorica, quella di una parte politica, la sinistra, su una questione almeno controversa: il delitto del deputato socialista Giacomo Matteotti.
Ecco il testo, fazioso, di Scurati:
«L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole.
Si batté fino all’ultimo, come aveva lottato per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito.
Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania», scrive Scurati». [...]
Franco Scalzo, nato a Roma il 3/01/1948, giornalista pubblicista, ha scritto per "Giorni - Vie Nuove", "Avanti!", "L'Astrolabio", "Aut", "Critica sociale", "Giovane sinistra", "Iniziativa socialista", "La città futura", "Il Giornale d'Italia", "La Domenica del Corriere", "L'Italia Settimanale", "Il Secolo d'Italia", e ha collaborato per il GR 3.
Per le Edizioni Savelli ha scritto "Matteotti, l'altra verità", nel 1985 e per le Edizioni Settimo Sigillo ha scritto nel 1996 "Il caso Matteotti, radiografia di un falso storico".
La tesi dei due libri è che il mandante dell'omicidio Matteotti non fu Mussolini, ma Churchill e che l'esecutore materiale, tal Amerigo Dumini (1894-1967) era sì della Ceka fascista, ma come agente segreto dei servizi inglesi.
Amerigo Dumini ( 4 aprile 1894 - St. Louis Missuori USA / 25 dicembre 1967 - Roma)
Questa tesi è confermata su Dagospia del 9/9/2011, che pubblicava un estratto dal libro "il Golpe inglese" di Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, edito da "Chiarelettere". Entrambi autori che non possono essere tacciati di simpatie per il fascismo. Leggiamo, dunque:
..."La prima tessera è proprio l'ambigua figura di Dumini, l'uomo della Ceka che ha guidato il commando dei rapitori e degli assassini di Matteotti. Massone, iscritto alla Gran Loggia Nazionale di Piazza del gesù con il terzo grado, quello di Maestro, vanta con il Regime rapporti stretti almeno quanto quelli che intrattiene con il mondo anglosassone [...].
Qualche tempo dopo il delitto (Matteotti, ndr), nel 1933 - racconta Peter Tompkins, l'uomo dell'Oss (ovvero l'Office of Strategic Services, il servizio segreto Usa in tempo di guerra, poi ribattezzato Cia) in Italia -, Dumini, forse sentendosi abbandonato dal regime, scrive un memoriale e lo invia a due legali di estrema fiducia, uno in America e l'altro in Inghilterra, con l'invito a renderlo pubblico nel caso in cui venga assassinato.
Ma non gli succede nulla. Anzi, viene inserito nei ranghi dei servizi italiani e inviato in Libia. Scoppiata la guerra, quando gli inglesi entrano a Derna, nel 1941, lo arrestano e lo fucilano. Viene solo ferito, però, e riesce a scappare dopo essersi finto morto. [...]
Nel 1943 Dumini segue Mussolini a Salò, dove continua a svolgere il suo ruolo di agente segreto per conto dell'intelligence della Repubblica sociale e con ogni probabilità anche di Londra.
Arrestato nuovamente dagli inglesi nel 1945, a guerra conclusa, due anni dopo viene processato e condannato all'ergastolo per il delitto Matteotti. Ma la pena è prima ridotta a trent'anni e poi, grazie a una serie di indulti, praticamente annullata. [...]
Quando gli inglesi conquistano Derna, in Libia, la prima cosa che fanno gli uomini dell'intelligence è raggiungere l'abitazione di Dumini.
La ragione di tanta fretta è che gli agenti di Sua Maestà cercano qualcosa che per loro è di enorme importanza. Infatti, dietro una finta parete, il tenente Duff e i suoi uomini del Naval Service trovano l'archivio segreto del sicario di Matteotti.
Materiale scottante, con molte lettere di Mussolini e altri documenti su quel delitto assai pericolosi per il duce. Ma solo per lui?
Dumini, con le sue carte, viene subito trasferito al Cairo, dove valuta con i servizi britannici quale possa essere il modo migliore di gestire la faccenda.
Le sue controparti sono il colonnello George Pollock (Special Operations) e l'agente Rex Leeper. Molto probabilmente Dumini si assicura l'incolumità offrendo il suo archivio all'intelligence in cambio della protezione inglese. [...]
Qualche mese dopo, ai primi di novembre, le autorità militari britanniche al Cairo, assieme all'ambasciatore in Egitto Sir Miles Lampson, propongono un piano al Foreign Office (il ministero degli Esteri britannico): redigere un falso certificato di morte dell'agente italiano, la cui "fucilazione" sarebbe avvenuta il 7 aprile 1941.
Si punta a ottenere due risultati. Da un lato, la sua scomparsa allontanerà ogni sospetto sui suoi rapporti con l'intelligence britannica, che anzi potrà continuare a servire anche negli anni successivi.
Dall'altro, sapendo che il sicario di Matteotti ha inviato un memoriale a due legali in America e in Inghilterra, pregandoli di renderlo pubblico in caso di morte, la diplomazia britannica è certa che la notizia del suo decesso indurrà gli avvocati a diffondere quel documento, con effetti propagandistici devastanti per l'immagine del duce.
Londra approva il piano il 13 novembre 1941. Ma l'ambasciatore in Egitto e il Foreign Office, che probabilmente non sono informati su tutti i retroscena dell' affaire Dumini, non hanno messo in conto la reazione di Churchill. [...]
Perché Churchill ha tanta paura di quello che potrebbe saltar fuori dalle carte sul delitto Matteotti? [...] Ad angosciare il premier ci sarebbe innanzitutto il rischio che venga alla luce che Dumini fosse al servizio dell'intelligence britannica già dal 1919-1924, cioè nel periodo che va dall'ascesa al potere di Mussolini fino al delitto Matteotti. [...]
Intanto, in quello stesso periodo, anche il duce intrattiene rapporti con i servizi segreti di Londra. Nel gennaio del 1918, subito dopo la disfatta italiana a Caporetto, il diplomatico inglese Samuel Hoare apre a Roma una sede dell'MI5 (Military Intelligence, Sezione 5, ovvero l'agenzia britannica per la sicurezza e il controspionaggio). [...]
Nella fase finale della prima guerra mondiale, i servizi britannici foraggiano abbondantemente uomini di partito, direttori di giornali e giornalisti perché conducano una campagna di stampa a favore di Gran Bretagna e Francia. [...] Churchill [...] è un grande ammiratore del duce, che intrattiene con lui intensi rapporti epistolari.
Ne favorirà l'ascesa al potere per contenere non solo il pericolo social-comunista in Italia, ma anche quello bolscevico in Europa. [...]
L'assassinio di Matteotti, proprio alla vigilia del suo importante discorso alla Camera, quello in cui avrebbe denunciato le tangenti legate alla convenzione con la Sinclair, risolve ogni problema. Alla britannica Apoc.
E a Churchill che, attraverso le carte di De Bono e quelle di Dumini, può continuare a tenere in pugno il duce. Gli americani sono messi da parte, Mussolini non cade perché Matteotti non riesce a pronunciare la denuncia in parlamento, e gli interessi inglesi sono salvi".
Articolo a cura di Matteo Castagna