Come era possibile intuire dalle notizie di settore degli scorsi mesi, e come la Rete Italiana Pace e Disarmo aveva più volte anticipato sottolineandone la problematicità, per il secondo anno consecutivo è l’Egitto il principale acquirente di sistemi d’arma esportati dalle aziende italiane a produzione militare. Rimangono quindi floridi gli affari armati con il governo autoritario di al-Sisi nonostante le pesanti violazioni dei diritti umani e la non collaborazione nei casi Regeni e Zaki.
Nel corso del 2020 il totale delle nuove autorizzazioni rilasciate per esportazione di materiale d’armamento ha raggiunto i 3.927 milioni di euro di controvalore, in deciso calo (-25%) rispetto al totale per il 2019 (che era in linea anche con l’anno precedente). Va ricordato però come il 2020 sia stato “l’anno della pandemia” con un impatto molto forte sull’economia del Paese che sembra però non aver travolto in maniera eccessiva il comparto bellico. Il volume delle esportazioni militari starebbe quindi gradualmente scendendo dopo i picchi di autorizzazioni iniziati con il 2015 (8,2 miliardi in quell’anno e poi 14,9 miliardi nel 2016 e 10,3 nel 2017). Si tratta comunque di un livello complessivo di un miliardo di euro maggiore rispetto ai valori del 2014, per cui si può confermare l’analisi già fatta in passato: le esportazioni record del triennio 2015-2017 hanno trascinato le commesse per l’industria militare italiana su un livello medio superiore a quello di inizio secolo. In decisa ascesa (come già ipotizzato dalla nostra Rete in passato, in conseguenza dell’alto livello di licenze concesse negli anni passati) il dato dell’export reale: l’Agenzia delle Dogane registra infatti avanzamenti annuali di consegne definitive per complessivi 3.393 milioni di euro (2.696 milioni per licenze singole e 696 milioni per licenze globali di progetto) con un incremento del 17% rispetto all’anno precedente.
Le autorizzazioni per nuove licenze costituiscono il dato politico saliente rispetto alle decisioni prese al Governo in carica (in questo caso, per il 2020, il Governo Conte II) ed in questo senso vanno analizzate. L’Egitto si conferma il Paese destinatario del maggior numero di licenze risulta aumentando la propria quota fino a 991,2 milioni di euro (+120 milioni) grazie alla licenza di vendita delle due Fregate FREMM. Al secondo posto gli Stati Uniti con 456,4 milioni (+150 milioni) seguiti dal Regno Unito con 352 milioni (in calo di 67). Dopo le mega-commesse del 2017 e 2018 ritorna tra le prime destinazioni di armi italiane anche il Qatar, con un controvalore di 212 milioni di euro (+195 milioni rispetto all’anno precedente), seguito dalla Germania (con 197,6 milioni in lieve calo) e dalla sorprendente Romania con 169,6 milioni di euro (nel 2019 era a meno di 1 milione in licenze al 54 posto tra le destinazioni). Completano la lista dei primi dieci Paesi la Francia (154,5 milioni, in calo di 120), il Turkmenistan (che scende rispetto al secondo posto 2019 ma mantiene 149,5 milioni di euro di autorizzazioni pur calando di quasi 300 milioni), l’Arabia Saudita (ben 144,4 milioni di euro in licenze nonostante il blocco relativo a missili e bombe d’aereo) e la Corea del Sud (134,8 milioni, in calo di circa 30).
Sopra i 100 milioni complessivi si collocano anche Emirati Arabi Uniti (117,6 milioni con aumento di 28) e Spagna (108,7 milioni con aumento di 43).
Fra le prime 10 destinazioni delle autorizzazioni all’export di armi italiane nel 2020 troviamo dunque 5 Paesi NATO (3 dei quali anche nella UE) 1 dell’Africa Settentrionale e 4 asiatici. Complessivamente il 56,1% (2.204 milioni) delle autorizzazioni per licenze all’export ha per destinatari Paesi fuori dalla UE e dalla NATO, elemento da sempre sottolineato come problematico dalla nostra Rete perché la legge italiana sancisce che le esportazioni di armamenti italiani “devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia che ripudia la guerra come come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 1).
Si tratta di una situazione ormai strutturale e non episodica: per il quinto anno consecutivo, dal governo Renzi del 2016, sono proprio i Paesi Extra Nato-Ue i principali destinatari di sistemi militari italiani. Ma ancor più preoccupante è il fatto che per il quinto anno consecutivo la maggior parte degli armamenti e sistemi militari italiani sia destinata nella zona di maggior tensione del mondo: il Nord Africa e Medio Oriente.
Questi dati preliminari confermano come la produzione militare italiana non sia indirizzata alla difesa e alla sicurezza del nostro Paese e a quella comune europea ma risponda sempre più a logiche di profitto delle aziende produttrici di armamenti, sopratutto quelle a controllo statale. Sono queste le motivazioni che ci spingono a chiedere la Relazione Governativa sulla Legge185/90 sia esaminata e discussa quanto prima dalle competenti Commissioni Parlamentari che arrivino anche, dopo l’opportuno dibattito ed eventuali audizioni cui siamo disposti a partecipare, a votare un documento che chiarisca la linea politica che presiede le esportazioni di sistemi militari italiani. Ciascuno deve prendersi le proprie responsabilità.
Fonte: "retepacedisarmo.org"
Nel corso del 2020 il totale delle nuove autorizzazioni rilasciate per esportazione di materiale d’armamento ha raggiunto i 3.927 milioni di euro di controvalore, in deciso calo (-25%) rispetto al totale per il 2019 (che era in linea anche con l’anno precedente). Va ricordato però come il 2020 sia stato “l’anno della pandemia” con un impatto molto forte sull’economia del Paese che sembra però non aver travolto in maniera eccessiva il comparto bellico. Il volume delle esportazioni militari starebbe quindi gradualmente scendendo dopo i picchi di autorizzazioni iniziati con il 2015 (8,2 miliardi in quell’anno e poi 14,9 miliardi nel 2016 e 10,3 nel 2017). Si tratta comunque di un livello complessivo di un miliardo di euro maggiore rispetto ai valori del 2014, per cui si può confermare l’analisi già fatta in passato: le esportazioni record del triennio 2015-2017 hanno trascinato le commesse per l’industria militare italiana su un livello medio superiore a quello di inizio secolo. In decisa ascesa (come già ipotizzato dalla nostra Rete in passato, in conseguenza dell’alto livello di licenze concesse negli anni passati) il dato dell’export reale: l’Agenzia delle Dogane registra infatti avanzamenti annuali di consegne definitive per complessivi 3.393 milioni di euro (2.696 milioni per licenze singole e 696 milioni per licenze globali di progetto) con un incremento del 17% rispetto all’anno precedente.
Le autorizzazioni per nuove licenze costituiscono il dato politico saliente rispetto alle decisioni prese al Governo in carica (in questo caso, per il 2020, il Governo Conte II) ed in questo senso vanno analizzate. L’Egitto si conferma il Paese destinatario del maggior numero di licenze risulta aumentando la propria quota fino a 991,2 milioni di euro (+120 milioni) grazie alla licenza di vendita delle due Fregate FREMM. Al secondo posto gli Stati Uniti con 456,4 milioni (+150 milioni) seguiti dal Regno Unito con 352 milioni (in calo di 67). Dopo le mega-commesse del 2017 e 2018 ritorna tra le prime destinazioni di armi italiane anche il Qatar, con un controvalore di 212 milioni di euro (+195 milioni rispetto all’anno precedente), seguito dalla Germania (con 197,6 milioni in lieve calo) e dalla sorprendente Romania con 169,6 milioni di euro (nel 2019 era a meno di 1 milione in licenze al 54 posto tra le destinazioni). Completano la lista dei primi dieci Paesi la Francia (154,5 milioni, in calo di 120), il Turkmenistan (che scende rispetto al secondo posto 2019 ma mantiene 149,5 milioni di euro di autorizzazioni pur calando di quasi 300 milioni), l’Arabia Saudita (ben 144,4 milioni di euro in licenze nonostante il blocco relativo a missili e bombe d’aereo) e la Corea del Sud (134,8 milioni, in calo di circa 30).
Sopra i 100 milioni complessivi si collocano anche Emirati Arabi Uniti (117,6 milioni con aumento di 28) e Spagna (108,7 milioni con aumento di 43).
Fra le prime 10 destinazioni delle autorizzazioni all’export di armi italiane nel 2020 troviamo dunque 5 Paesi NATO (3 dei quali anche nella UE) 1 dell’Africa Settentrionale e 4 asiatici. Complessivamente il 56,1% (2.204 milioni) delle autorizzazioni per licenze all’export ha per destinatari Paesi fuori dalla UE e dalla NATO, elemento da sempre sottolineato come problematico dalla nostra Rete perché la legge italiana sancisce che le esportazioni di armamenti italiani “devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia che ripudia la guerra come come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 1).
Si tratta di una situazione ormai strutturale e non episodica: per il quinto anno consecutivo, dal governo Renzi del 2016, sono proprio i Paesi Extra Nato-Ue i principali destinatari di sistemi militari italiani. Ma ancor più preoccupante è il fatto che per il quinto anno consecutivo la maggior parte degli armamenti e sistemi militari italiani sia destinata nella zona di maggior tensione del mondo: il Nord Africa e Medio Oriente.
Questi dati preliminari confermano come la produzione militare italiana non sia indirizzata alla difesa e alla sicurezza del nostro Paese e a quella comune europea ma risponda sempre più a logiche di profitto delle aziende produttrici di armamenti, sopratutto quelle a controllo statale. Sono queste le motivazioni che ci spingono a chiedere la Relazione Governativa sulla Legge185/90 sia esaminata e discussa quanto prima dalle competenti Commissioni Parlamentari che arrivino anche, dopo l’opportuno dibattito ed eventuali audizioni cui siamo disposti a partecipare, a votare un documento che chiarisca la linea politica che presiede le esportazioni di sistemi militari italiani. Ciascuno deve prendersi le proprie responsabilità.
Fonte: "retepacedisarmo.org"