All’anagrafe Federica Fortunato, nella sua vita quotidiana e professionale, ormai da anni, Federica “Nanfeng”, ovvero “Vento del Sud”, nome cinese scelto durante un tirocinio, da giovanissima studentessa di lingue orientali, a Shanghai nel 2013.
Nata e cresciuta a Bari, della sua Puglia, del suo Sud mantiene il senso di appartenenza, l’attaccamento alle radici, i valori familiari, ma anche quella caparbietà e determinazione tipica della gente che nasce a queste latitudini e che, come il vento, l’han portata via, lontano, a inseguire i suoi sogni di gloria.
Lontano fino a New York, dove pian piano, assieme al suo compagno di lavoro e di vita, Roberto Scaravilli, ha scalato i gradini del successo, come talentuosa, e ora affermata, Direttrice della fotografia per conto di società di intrattenimento come Team Whistle – conglobata di recente nella Eleven Sports, azienda di streaming sportivo a sua volta acquisita da Dazn – e per “short”, ovvero corti, brandizzati da Crox, Meta e molti altri grossi marchi stranieri.
Con Roberto, un anno più grande di lei, anche lui talento del settore video con ruoli da regista, direttore del montaggio e film editor per Netflix, Fox Sports, Discovery e produzioni autonome di successo, un percorso parallelo, ma complementare, iniziato dal loro primo incontro a un master in video editing e fotografia alla Sapienza di Roma e proseguito fino a creare nella Grande Mela una loro società, “Their Studio”, ormai riferimento per molte aziende estere.
«In Italia abbiamo provato a farci strada, ma se non sei nessuno e non hai nessuno alle spalle, le possibilità sono poche, soprattutto quando sei un giovane alle prime armi», dicono insieme.
Per Federica le immagini sono una vera passione, il suo primo amore.
«Avevo studiato fotografia a 18 anni, il corso era un regalo di mia sorella. Allora era solo un hobby, provai anche a fare la fotoreporter per un giornale locale, prima di girare tra Asia ed Europa, studiando lingue orientali. Ma l’amore per l’immagine – racconta – si è ripresentato nelle forme più strane, anche grazie alle amicizie che avevo stretto all’Università di Venezia, tutte con ragazzi che studiavano cinema, e non mi ha lasciato più».
Un amore così forte da superare anche lo scetticismo dei genitori: «felici che io studiassi cinese, non mi avrebbero mai permesso di dedicarmi a quello che vedevano solo come un passatempo. Al Sud siamo molto legati a un’idea tradizionale di ciò che è il lavoro… Ma alla fine si sono dovuti ricredere e rassegnare di fronte alla mia determinazione e alle mie conquiste, finendo perfino con l’appoggiarmi».
E’ infatti anche grazie al loro aiuto, e a quello della famiglia di Roberto, che la giovane coppia di artisti riesce a spiccare il volo americano. «Vivere negli Usa non è facile, il costo della vita è molto alto e devi sempre dimostrare di avere anche capacità di investimento. Quando però riesci a farlo, puoi star certo che se hai talento, vieni premiato».
I due lavorano sodo, fino ad ottenere i primi incarichi importanti. Federica, tra gli altri, cura la fotografia di un branded content commissionato da Levi’s e con protagonista la star emergente della NBA Julius Randle.
«È successo durante la pandemia, la crew sul set era ridotta, ma nonostante le difficoltà abbiamo portato a casa un lavoro ben fatto. A quei livelli, i budget sono molto alti, di conseguenza c’è un grosso carico di responsabilità rispetto alla riuscita del progetto», racconta ancora.
Nel frattempo Roberto, anche lui durante la pandemia, riceve l’incarico di montare una serie girata in sei Paesi, in sei lingue diverse, per conto di PUBG Mobile, società del colosso cinese Tencent: “Between The Battlegrounds” il nome del progetto, che dura due anni, per un totale di due stagioni, riscuotendo un enorme successo sulle sue piattaforme dedicate (con ben 5 milioni di visualizzazioni complessive).
Esiste ancora il sogno americano, dunque.
«Sì, a livello di opportunità purtroppo non c’è paragone con l’Italia. Se vuoi lavorare lavori, se sei bravo ti fai strada. E, soprattutto, c’è la possibilità di un ricambio continuo. Non esiste attaccamento a un contesto lavorativo specifico, ogni due-tre anni puoi e anzi devi fare altro, spostarti altrove. E’ solo così che puoi davvero crescere», dice ancora Federica.
Che, pur entusiasta mentre descrive questa realtà, appare in parte amareggiata. «Effettivamente da italiani è stato un po’ uno shock, inizialmente. Da noi, soprattutto al Sud, molti puntano ancora al posto fisso e, in ogni caso, quando vieni assunto da un’azienda entri con la prospettiva – o la speranza – di un tempo indeterminato che duri anche tutta la vita.
Roberto e io, ormai, non potremmo invece più vederci così, legati fino a chissà quando alla stessa esperienza. Anzi, non potremmo più fare a meno della flessibilità che abbiamo conosciuto e sperimentato a New York, è proprio quella la più grande opportunità che ci viene offerta».
E che fa chiaramente ipotizzare che non torneranno più a lavorare in Italia. «Difficilmente, nelle condizioni in cui si trova attualmente il nostro Paese, per quanto il legame resti molto forte e il desiderio c’è sempre, creandoci ancora ora, a volte, uno stato emotivo di confusione.
Anzi, l’augurio è che anche in Italia il mercato del lavoro possa trasformarsi al più presto e diventare elastico. Le occasioni si moltiplicherebbero e, soprattutto, si riuscirebbero a trattenere i giovani che, come noi, hanno tanto da offrire, ma, purtroppo, sono costretti a farlo all’estero.
Spesso con nostalgia e dispiacere, e privando il nostro Paese di tanti talenti e professionalità».
Redazione