lavoceromana.it ha sempre tentato di privilegiare quella tipologia di informazione che mira ad approfondire la conoscenza di temi spesso taciuti o non affrontati con la sincerità e la determinazione dovuta.
Uno dei temi affrontati e dibattuti negli anni, oggetto di contributi, analisi e opinioni spesso autorevoli, è il dramma della crescita numerica delle diagnosi tumorali.
Nel 2024 si stima che le nuove diagnosi di neoplasie tumorali potranno raggiungere in Italia la cifra di ben 400.000.
Fra queste oltre 55.000 sono le diagnosi del tumore della mammella.
E su tale specifico argomento abbiamo richiesto una analisi e delle valutazioni al Prof. Dott. Raffaele Leuzzi, senologo di fama nazionale specialista nel tumore alla mammella con un vastissimo e qualificato curriculum - vitae e con il ruolo di direttore del Servizio Interdisciplinare Ricerche e Prevenzione ( SIRP ).
Classe '55, originario di Delianuova (Reggio Calabria), stabilitosi nella Città Eterna dopo aver studiato a Padova e Napoli.
In prima linea nella lotta al cancro dal lontano 1987.
Il suo obiettivo principe è anticipare il cancro o aggredirlo nelle sue fasi iniziali o prevenirlo con la dieta sana di stampo mediterraneo: Prevenzione e diagnosi precoce.
Un servizio di senologia diagnostica con oltre 7.000 donne visitate ogni anno e ognuna con uno screening personalizzato ad hoc.
( nella foto di apertura il dott. Raffaele Leuzzi nel suo studio )
"LA DIAGNOSI PRECOCE DEL TUMORE DELLA MAMMELLA E' DISUGUALE!" ( a cura del dott. Raffaele Leuzzi )
Il tumore della mammella nel nostro paese colpisce ogni anno circa 55.000 persone e rappresenta il cancro più frequente tra le donne.
Benché possa colpire anche donne in giovane età, l’incidenza aumenta con il passare degli anni e la maggioranza dei casi viene diagnosticato nelle pazienti sopra i 50 anni.
La diffusione del cancro al seno è comprovata dal fatto che esso rappresenta il 29% di tutte le diagnosi oncologiche della popolazione femminile italiana, per la quale un tumore maligno su tre è un tumore mammario.
Il rischio nel corso della vita di una donna che viene diagnosticato un cancro al seno è del 12,9%, più di 1 su 8 con un’incidenza di circa 55.000 nuovi casi ogni anno e una prevalenza di 522.235 donne, dunque 1.869 donne ogni 100.000 residenti.
La sopravvivenza del tumore al seno, anche a lungo termine, è tra le più elevate in ambito oncologico: a 5 anni dalla diagnosi, essa si attesta quasi al 90% grazie al miglioramento delle tecniche diagnostico-terapeutiche.
LA PREVENZIONE DEL TUMORE, APPROCCIO MULTIMODALE
* Prevenzione primaria: mira a far sì che i tumori non insorgano. Il suo scopo, è ridurre l’incidenza del cancro tenendo sotto controllo le cause ed i fattori di rischio modificabili. Una corretta strategia di prevenzione primaria si basa, quindi, sull’identificazione dei fattori causali e di rischio, sulla valutazione di quanto l’intera popolazione o il singolo individuo siano esposti a tali fattori e sulla riduzione della loro diffusione nella popolazione.
* Prevenzione secondaria: è la diagnosi precoce interviene su soggetti già ammalati, benché in uno stadio iniziale quando i sintomi non si sono ancora manifestati. Non necessariamente questi soggetti hanno già sviluppato il cancro: la loro lesione potrebbe essere di tipo precanceroso, in particolare i tumori in situ, che non è cancro invasivo, ma potrebbe diventarlo.
Mediante uno screening personalizzato la diagnosi precoce con tomosintesi ed ecografia e in alcuni casi mammografia con contrasto, mira ad ottenere la guarigione limitando la progressione del tumore.
La prevenzione secondaria riveste un ruolo cruciale nella lotta al tumore al seno.
Questa modalità preventiva si traduce nella diagnosi precoce tramite esami che, com’è dimostrato scientificamente, possono ridurre la mortalità per tumore alla mammella.
“Nelle donne tra i 50 e i 70 anni, la mammografia con cadenza biennale può ridurre la mortalità fino al 40%. La mammografia è lo strumento di prevenzione secondaria più adeguato nelle donne dai 40 anni in poi, fino a raggiungere le donne over 70, dove il rischio di insorgenza, aumentando con l’età, è piuttosto elevato.
Naturalmente, essa può e deve – in certi casi – essere associata all’ecografia, preferibilmente eseguita nella stessa seduta.
“Per le più giovani invece, in assenza di familiarità, non è consigliata la mammografia; è suggerito invece praticare l’autopalpazione, dopo l’inizio delle mestruazioni, quando il seno è più valutabile. Nella fascia 30-40 anni, infine, è consigliabile iniziare a sottoporsi a controlli periodici, supportati dall’ecografia mammaria, con la cadenza suggerita dallo specialista in base alla tipologia del seno e alla storia familiare.
CALABRIA PRIMA PER MIGRAZIONE SANITARIA. ULTIMA PER SPESA SANITARIA
La Calabria, è l'ultima regione in Italia per spesa corrente in sanità, per numero di donne che si sottopongono agli screening oncologici, ed è la prima per migrazione sanitaria.
E' quanto emerge dal Report Svimez "Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute", presentato con Save the Children.
Contestualmente, Save the Children ha ribadito come i divari territoriali siano evidenti già a partire dalla nascita.
Sebbene nel panorama mondiale il Servizio sanitario nazionale si posizioni come una eccellenza per la cura dei bambini, viene rilevato come le disuguaglianze territoriali siano molto accentuate.
Secondo gli ultimi dati Istat il tasso di mortalità infantile era di 1,8 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana, e più che doppio in Calabria.
Dai dati di spesa sanitaria (di fonte Conti pubblici territoriali), è scritto in una nota, a fronte di una media nazionale di 2.140 euro, la spesa corrente più bassa si registra in Calabria con 1.748 euro) e per la parte di spesa in conto capitale, i valori più bassi si ravvisano in Campania (18 euro), Lazio (24 euro) e Calabria (27 euro), mentre il dato nazionale si attesta su una media di 41 euro.
Secondo le valutazioni dell'Istituto superiore di sanità, nel biennio 2021-2022, in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli: circa due su tre lo ha fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti.
La prima regione per copertura è il Friuli-Venezia Giulia (87,8%); l'ultima è la Calabria, dove solamente il 42,5% delle donne di 50-69 anni si è sottoposto ai controlli.
Riguardo alla quota di donne che ha avuto accesso a screening organizzati, si passa dal 63 e il 76% di regioni del Nord all'11,8% della Calabria, il dato più basso in Italia.
In relazione alla "fuga" dal Sud per ricevere assistenza in strutture sanitarie è la Calabria a registrare l'incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di Regioni non confinanti.
Sul fronte pediatrico, invece, l'indice in Calabria, nel 2020, è il 23,6% a fronte di una media nazionale dell'8,7% e con differenze territoriali che vanno dal 3,4% del Lazio al 43,4% del Molise .
Nelle regioni del Sud si perdono più anni di vita per i tumori della mammella e del colon e i tassi di mortalità, che storicamente erano più bassi rispetto al nord, ora sono paragonabili.
Il dott. Raffaele Leuzzi, senelogo, nel suo studio ai Parioli in Roma
Lo afferma il Gruppo di Lavoro su equità e salute nelle Regioni dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo cui tra le cause c’è anche il minore ricorso agli screening: nelle aree dove si partecipa meno a questa forma di diagnosi precoce, sottolineano gli autori, oltre ad avere una maggiore mortalità c’è anche un più alto l’indice di fuga, il numero cioè di pazienti costretto a spostarsi per potersi operare.
Sono state analizzate, separatamente per tumore della mammella e per tumore del colon-retto, che rappresentano il 40% di tutte le diagnosi di tumore in Italia, le differenze regionali nella mortalità totale e prematura, è stato valutato l’impatto che i programmi di screening hanno avuto sulla riduzione della mortalità per queste cause negli ultimi 20 anni e infine è stata analizzata la capacità delle singole regioni di presa in carico dei pazienti oncologici attraverso l’analisi della mobilità sanitaria extra-regionale.
La mortalità cala ma non al Sud, dove si perdono più anni di vita - In Italia, la mortalità per tumore della mammella dal 2001 al 2021 si è ridotta del 16%, ma con ritmi diversi nelle diverse aree del Paese: al Sud la riduzione di mortalità è stata inferiore rispetto a quanto osservato nel Nord (-6% vs -21%).
In alcune Regioni del Sud, quali Calabria, Molise e Basilicata, si osservano addirittura degli incrementi pari al 9%, 6% e 0,8% rispettivamente.
Per il tumore della mammella c’è stata una diminuzione progressiva degli anni di vita persi nelle regioni del Nord e in parte del Centro, mentre le regioni del Sud non mostrano evidenti cambiamenti in questo parametro.
La mortalità cala dove si fanno più screening, in Calabria la mortalità cresce.
La copertura totale dello screening mammografico disegna un chiaro gradiente Nord-Sud, a sfavore delle regioni meridionali con la percentuale di adesione che va dal 90% raggiunto in molte regioni settentrionali ad appena il 60% in alcune regioni meridionali Nelle Regioni del Nord, dove la copertura di popolazione degli screening è elevata, la riduzione di mortalità per tumore della mammella tra il 2001 ed il 2021 è più forte (oltre il 35%) rispetto alle regioni del Sud. o fra i residenti del Centro (51%) e del Sud (26%).
Dove si fanno meno screening aumenta anche l’indice di fuga.
La Calabria spende 325 milioni di euro per migrazione sanitaria. Se si guarda alla correlazione tra l’indice di fuga e la copertura dello screening emerge che le Regioni con le coperture di screening più alte presentano indici di fuga più bassi.
“Questo dato – sottolineano gli autori - evidenzia come in Regioni in cui lo screening mammografico raggiunge una buona parte della popolazione femminile target il sistema è anche in grado si prendersi carico dei casi di tumore della mammella che necessitano di un ricovero ospedaliero per intervento chirurgico, mentre questo non è sempre garantito nelle Regioni dove lo screening è ancora lontano dai livelli ottimali.
In questo panorama Regioni come Calabria e Molise si distinguono fra quelle con i più bassi livelli di copertura dello screening mammografico e il più alto indice di fuga”.
Redazione